E’ stato convertito in legge il Decreto n. 132/2014 in materia di semplificazione del procedimento per la separazione e il divorzio.
Da oggi in poi sarà possibile divorziare senza il necessario intervento dell’organo giudiziale. Ci si potrà, infatti, separare, comparendo dinanzi al Sindaco o a mezzo di un accordo siglato da un Avvocato (negoziazione assistita), a patto che non ci siano dissidi tra marito e moglie, che siano trascorsi comunque i tre anni dal momento della separazione. I coniugi potranno, inoltre, comparire innanzi all’ufficiale dello stato civile del Comune per concludere un accordo di separazione o di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili o, infine, di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio. L’assistenza dei difensori non è obbligatoria. Tale modalità semplificata è a disposizione dei coniugi solo quando non vi sono figli minori o portatori di handicap grave o economicamente non autosufficienti e a condizione che l’accordo non contenga atti con cui si dispone il trasferimento di diritti patrimoniali.
Con la nuova Riforma in sostanza sarà possibile divorziare davanti al Sindaco o con l’assistenza di un avvocato, senza l’intervento del organo giudiziale.
La negoziazione assistita a mezzo degli avvocati è possibile anche se vi sono figli minori o portatori di handicap grave o economicamente non autosufficienti a condizione che l’accordo, in tali casi, venga verificato dal Pubblico Ministero, a cui si aggiunge un possibile passaggio davanti al Presidente del Tribunale. L’accordo così siglato sarà equiparato ai verbali di separazione omologati e costituirà titolo esecutivo a tutti gli effetti. La negoziazione assistita troverà il suo limite nel mancato raggiungimento dell’accordo tra i coniugi e, pertanto, in tali casi si continuerà ad applicare l’ordinario procedimento per il divorzio in sede giudiziale.
Non è dato ancora sapere se il nuovo istituto del divorzio breve produrrà l’effetto auspicato di limitare il fenomeno della tendenza dei coniugi italiani a ricorrere al forum shopping (ossia la scelta di una normativa nazionale più favorevole per il perseguimento dei propri interessi). Si consideri, infatti, che anche il nuovo istituto del divorzio breve non ha di fatto ridotto i tempi per giungere al divorzio che, per l’effetto, rimangono invariati: tre anni dalla separazione.
I coniugi italiani, come probabilmente anche altri, che intendessero eludere l’applicazione della rigida legge nazionale italiana utilizzano, di fatto, la normativa comunitaria per giungere all’applicazione di una legge nazionale di altro Stato per giungere, in tempi brevi, alla dichiarazione di cessazione degli effetti civili del matrimonio.
Per l’approfondimento di tale ultimo rilievo, si rinvia alla sezione “Divorzio Internazionale – Comunitario” che per facilitarne la ricerca viene di seguito esposto.
Il divorzio internazionale – comunitario.
I primi passi devono necessariamente essere mossi avendo come basilare riferimento normativo il regolamento (CE) n. 2201 del 27 novembre 2003 (c.d. regolamento “Bruxelles II bis”), che disciplina la competenza, il riconoscimento, l’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale ed in materia di responsabilità genitoriale.
Punto di partenza della presente disamina non può non essere l’art. 3, par. 1, lett. a) del citato Regolamento Comunitario, il quale va ad elencare tutta una serie di criteri, tra loro alternativi, di competenza giurisdizionale tra i quali vi sono:
- lo stato di residenza abituale dei coniugi, o
- In caso di domanda congiunta, la residenza abituale di uno dei due coniugi o
- la residenza abituale dell’attore se questi vi ha risieduto almeno per un anno immediatamente prima della domanda.
Dalla lettura dei criteri suddetti, risultano palesi le opportunità che si possono prospettare alle coppie italiane riguardo la possibilità di addivenire rapidamente ad un divorzio sfruttando, come già detto, il fenomeno del forum shopping, ossia una normativa nazionale più vantaggiosa per il perseguimento dei propri interessi.
Nel caso de quo, il vantaggio consisterebbe nella possibilità di stabilire una residenza in un paese la cui legislazione permetta in modo facile, veloce ed economico l’ottenimento di un provvedimento definitivo di divorzio, per poi provvedere all’aggiornamento delle iscrizioni dei registri dello stato civile, in virtù dell’automatico riconoscimento del provvedimento stesso, garantito dall’art. 21, par. 2, del regolamento “Bruxelles II bis”. Questo spiraglio, sfruttato da molti operatori del settore, permette di giungere alla sentenza di divorzio, semplicemente prendendo la residenza in uno stato ben individuato – molto spesso la Romania per questioni di rapidità ed economicità – grazie alla semplice stipulazione di un contratto di locazione per poi, dopo poco tempo, introdurre la domanda giudiziale. Il giudice investito della controversia non dovrà fare altro che applicare direttamente il diritto interno per giungere al provvedimento richiesto dalle parti.
Oggi ciò è reso ancora più facile dall’entrata in vigore del regolamento n. 1259/2010, relativo alla cooperazione rafforzata nel settore della legge applicabile a divorzi e separazioni (c.d. regolamento “Roma III”) applicabile dal 21 giugno 2012 in tutti i paesi aderenti, il quale sancisce l’applicazione del diritto del foro interno o per scelta oppure per l’operare del criterio di residenza abituale dei coniugi.
Grazie a tale ultimo Regolamento (1259/10) è divenuto, infatti, possibile per i cittadini europei vedere applicata alla propria separazione e al divorzio la legge dello Stato in cui risiedono. Pertanto ai cittadini italiani residenti in Germania si applicherà la legge tedesca che, al contrario di quella italiana, richiede ai fini dell’ottenimento del divorzio, un anno di separazione di fatto dei coniugi. Ma nel contempo ai cittadini tedeschi residenti in Italia potrebbe, in assenza di accordo, applicarsi la legge italiana che prevede che debbano trascorrere tre anni dalla pronuncia giudiziale di separazione prima di poter richiedere il divorzio, con conseguente svantaggio rispetto alla propria legge nazionale.
Il Regolamento Europeo 1259/10 sancisce nello specifico che: “in assenza di accordo, troverà applicazione la legge dello Stato di residenza abituale dei coniugi nel momento in cui si decide di agire in giudizio”.
La sentenza così ottenuta sarà automaticamente riconosciuta in Italia, senza la necessità di alcuna procedura interna, e si potrà iscrivere nei registri dello stato civile, ma solo una volta che la stessa sia divenuta definitiva, ossia non più soggetta ad impugnazione nell’ordinamento di origine.